A proposito di… disturbi alimentari e social media

Immagine di Gerd Altmann da Pixabay

SEGNALAZIONE DI STUDI E RICERCHE

Le ragazze che espongono i propri disturbi alimentari sui social media non fanno il loro bene, non affrontano la malattia, perché la cura ha bisogno di uno spazio intimo, sicuro, dove concentrarsi, riflettere, analizzare, comprendere.

Comunicare al mondo: “Ho l’anoressia, guardatemi all’ospedale col sondino, ho crisi autolesive e mi taglio ecco le mie cicatrici”, osserva Serena Mazzini nel suo libro Il lato oscuro dei social network, Rizzoli, 2025, garantisce visibilità ma non cambia le cose, anzi le peggiora.

L’Autrice, infatti, afferma: “ho seguito con particolare attenzione i racconti di ragazze giovanissime impegnate in un percorso di recupero o di lotta contro i disturbi del comportamento alimentare. Attraverso il filtro dei social, le loro esperienze diventano una sorta di spettacolo modellato sui suggerimenti e le richieste dei follower. La loro è una narrazione romanticizzata della malattia che potrebbe avere ripercussioni negative sul percorso di guarigione”, perché agisce solo sui meccanismi di richiesta di attenzione, di potere e successo.


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